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Jung dedicò l’ultimo trentennio della sua vita per elaborare ciò che egli stesso definì “una base alchemica per la psicologia del profondo”, attraverso la quale spiegare, quella che chiamiamo  trasformazione psicologica. L’Alchimia, “dall’arabo (ṣan’a) al-kīmiyā’ (arte della) pietra filosofale” (Treccani, 2020), ebbe luce nella tarda antichità, e raggiunse il suo culmine nel medioevo, l’alchimia si sviluppò intorno a tre principali correnti: indiana, cinese e giudaica. In seguito alle crociate, il mondo cattolico entrò in contatto con la cultura araba e con quella ebrea, da qui l’alchimia fu scoperta e studiata principalmente dai chierici, che rappresentavano la componente erudita della gerarchia ecclesiastica di allora. Gli studi degli alchimisti, erano principalmente volti alla ricerca di Dio e della spiritualità attraverso la natura e la conoscenza del mondo. Gli alchimisti consideravano la materia viva e divina. Le proprietà dei metalli e delle erbe, assimilate alle caratteristiche emanate da Dio, rendevano un dato minerale capace di essere esso stesso portatore di aspetti divini. Così motivi pagani e filosofici, si confondevano e si mescolavano al religioso. L’alchimista tratta la materia come, nei Misteri pagani, vengono trattate le divinità: i minerali patiscono, muoiono, risorgono (Raggi A., 2006).

Gli studi decennali di Jung sull’alchimia nei suoi vari aspetti e nelle sue numerose varianti, ci permettono una  rivalutazione degli aspetti conoscitivi, rituali e simbolici di questo mondo, in particolare il focus degli studi di Jung, almeno nella fase iniziale, è stato sulla relazione intima tra la trasmutazione dei metalli e la trasformazione dell’uomo, che trova nel processo individuativo la sua espressione psicologica. A sua volta il processo individuativo ha come fine ultimo il raggiungimento del Se, il completamento della totalità spirituale. Si tratta quindi di un processo che ha delle similitudini con i procedimenti trasformativi alchemici, che miravano l’unione della Sapienza e della Sostanza, ovvero la creazione della pietra, il lapis, coronamento desideratissimo dell’opus. Le quattro fasi della trasformazione alchemica prendono il nome dai quattro colori fondamentali della pittura greca : nero, bianco, giallo e rosso. Il numero 4 ricorre anche  nei 4 elementi, nelle 4 stagioni, nelle 4 fasi del giorno. Se consideriamo l’alchimia una metafora della crescita psicologica, 4 sono le operazioni significative: la combustione (calcinatio), la dissoluzione (solutio), il disseccamento (coagulatio) e l’evaporazione (sublimatio). Ogni stadio conduce la materia prima dalla sua condizione iniziale, attraverso un’operazione governata dai quattro elementi: fuoco, acqua, terra e aria. Ciascuna operazione alchemica simboleggia una tappa della trasformazione psicologica. Jung, riteneva infatti che questi procedimenti fossero proiezioni psicologiche del processo di crescita interiore l’individuazione. Quindi l’opera alchemica può essere letta come una metafora del cammino della psiche verso la totalità. Ad ogni operazione è associato un colore: Nigredo: Nero, Albedo: Bianco, Citrinitas: Giallo, Rubedo: Rosso.

La Nigredo corrisponde all’utilizzo di materiale grezzo ed impuro (piombo o mercurio), che attraverso diversi processi viene dissolto e depurato. E’ una fase pericolosa, poiché si può restare vittima dei vapori velenosi che normalmente si levano dal composto in putrefazione, ecco come lo stesso Jung descrive questo processo in “Psicologia e Alchimia”: “Il simbolo principalmente usato per indicare la materia che si trasmuta durante tale processo è quello di Mercurio. L’immagine che ne danno i testi si accorda essenzialmente con le caratteristiche dell’inconscio. All’inizio del processo, Mercurio si trova nella massa confusa, nel caos e nella nigredo. In questo stadio gli elementi sono reciprocamente refrattari. Mercurio ha qui il ruolo della prima materia, della vera e propria sostanza di trasformazione” . Jung riporta addirittura una preghiera di un chierico alchimista che si approccia a scaldare la materia grezza nel suo Atanor: “Horridas nostrae mentis purga tenebras, accende lumen sensibus!”, in queste parole scrive sempre Jung “si esprime probabilmente l’esperienza della nigredo, della prima fase dell’opera, che veniva sentita come melancholia, e che corrisponde psicologicamente all’incontro con l’Ombra. Se quindi la psicoterapia moderna si imbatte nuovamente negli archetipi vivificati dell’inconscio collettivo, si tratta della ripetizione di quel fenomeno osservato già  spesso nei momenti di grande svolta religiosa, ma che si manifesta anche nell’individuo cui le rappresentazioni dominanti supreme non dicono più nulla. Un esempio ne è quel descensus ad inferos descritto nel Faust che, consciamente о inconsciamente, rappresenta un opus alchymicum. La problematica dei contrari sollevata dall’Ombra ha una sua parte grande e decisiva nеll’alchimia, poiché questa conduce, nella fase ultima dell’opera, all’unione dei contrari nella forma archetipica dello hieros gamos, delle “nozze chimiche”. In queste, i contrari supremi nella forma del maschile e del femminile (come nello yang e nello yin cinesi) si fondono in un’unità che non contiene più opposizioni, e che è dunque incorruttibile” .

La fase trasformativa successiva è l’Albedo, ecco come Jung la descrive nei suoi “Studi sull’alchimia”: “Le procedure della fase successiva mirano a illuminare l’oscurità mediante l’unione degli elementi opposti. Di qui nasce l’albedo, paragonata al sorgere del sole o alla luna piena. La sostanza bianca viene concepita come un corpo senza macchia, purgato dal fuoco, ancor privo però dell’anima. Esso vale come femminile ed è chiamato sponsa, argento o Luna. Mentre la trasformazione dell’oscurità in chiarezza viene simboleggiata dal motivo della lotta fra i draghi, a questo punto compare il motivo dello hieros gamos (sorella e fratello, o madre e figlio). La quaternità (quaternio) degli elementi diventa qui dualità (binarius)“ , l’Albedo può essere vista come l’integrazione dei contenuti interni di genere opposto al nostro: l’Animus nella donna e l’Anima nell’uomo. Segue poi la Citrinas, la combustione, richiede di bruciare il materiale ad alte temperature per renderlo incandescente.  Mentre la materia prima  diventa rossa e incandescente assume toni sul giallo,  la presenza di questo colore può indicare che è in atto una trasformazione psichica attraverso una cottura psicologica, che vuol dire rimanere nell’emozione, stare dentro, questa tappa è caratterizzata dall’incontro con il Vecchio Saggio. Questa figura rappresenta ciò che l’individuo sta per diventare: un uomo saggio, che ha conosciuto il passato, che conosce il presente e può intuire il futuro. Il vecchio saggio sa barcamenarsi tra la tela appiccicosa dell’anima e il furore dell’Animus. L’incontro con il Saggio è fondamentale per sbloccare la situazione evolutiva che lo rappresenta.

Resta l’ultimo passaggio quello alla Rubedo, che descriverò utilizzando nuovamente le parole di Jung, sempre contenute nel saggio “Studi sull’alchimia”: “Alla citrinitas segue  segue la rubedo. Mediante il coniugium, il matrimonium o la coniunctio la Luna si unisce al Sole, l’argento all’oro, il femminile al maschile La “coniunctio” produce il lapis philosophorum, il simbolo centrale dell’alchimia,che possiede innumerevoli sinonimi. I suoi simboli sono, da un lato, figure quaternarie o circolari, dall’altro il rebis o l’Anthropos ermafrodito. Il simbolismo del Lapis corrisponde ai simboli del mandala (cerchio) presenti nei sogni ecc.; che stanno a significare “totalità” e “ordine” ed esprimono perciò la personalità modificata dall’integrazione dell’inconscio. L’Opus alchemico descrive il processo di individuazione in forma proiettata, perché inconscia. (…) Il passaggio dalla Il passaggio dalla “prima materia” alla “rubedo” (lapis rubeus, carbunculus, tinctura rubra, sanguis spiritualis sive draconis ecc.) rappresenta il divenire cosciente (illuminatio) di uno stato conflittuale inconscio, che viene sempre di più inserito nella coscienza, mentre le scorie non più passibili di miglioramento (terra dammata) devono esserne eliminate“ .

Jung e l’approccio alchemico

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